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Sorgenti irpine minacciate dal raddoppio della galleria

Fiume SelePrincipale risorsa idrica del meridione, le sorgenti irpine dei monti Picentini sono oggi minacciate anche dal raddoppio della Galleria Pavoncelli. Al fine di fermare la realizzazione di quest’opera che metterebbe ulteriormente a rischio l’ecosistema fluviale irpino è stata lanciata una petizione online.

Acquedotti con perdite mediamente superiori al 50%, depuratori malfunzionanti, deflusso minimo vitale dei fiumi non rispettato, crisi idriche, sovrasfruttamento delle sorgenti, ecosistema fluviale a rischio, mancato ristoro ambientale, miriadi di microdiscariche e sversamenti abusivi in montagna, bonifiche inesistenti, minaccia di trivellazioni petrolifere e una grande opera dalla storia tormentata, il raddoppio della Galleria Pavoncelli, a complicare ancora di più il quadro generale. Stiamo parlando delle sorgenti irpine dei monti Picentini, la principale, e sconosciuta, risorsa idrica del meridione peninsulare. È un’informazione poco nota, infatti, che il massiccio carbonatico del Terminio Cervialto, grazie alla sua particolare conformazione calcarea, è un vero e proprio gigantesco serbatoio, una naturale “fabbrica dell’acqua” che, con il suo immenso reticolo di gallerie sotterranee, alimenta le sorgenti di queste montagne con benefici straordinari, soprattutto per i territori circostanti. A Caposele l’acqua dei Picentini orientali dà vita alla sorgente Sanità, 4000 litri al secondo mentre a Cassano Irpino un importante gruppo sorgivo produce tra i 2500 e i 4000 litri al secondo. Tranne che per una quota minima e insufficiente destinata all’acquedotto Alto Calore, che rifornisce Sannio e Irpinia, queste sorgenti approvvigionano, tramite la SPA Acquedotto Pugliese, le popolazioni lucane e soprattutto pugliesi, mentre le rinomate acque di Serino vanno a Napoli e le sorgenti di Calabritto e Senerchia nel Cilento.

Milioni di cittadini italiani dipendono dalle sorgenti irpine per la loro acqua potabile e la Puglia riesce a sostenere la sua agricoltura grazie agli importanti apporti della diga di Conza – 60 milioni di metri cubi grazie alle sorgenti dell’Ofanto – e, in misura minore, della diga di San Pietro, tra Aquilonia e Monteverde, che raccoglie l’acqua dell’Osento. Eppure la questione della salvaguardia e tutela ambientale di questo territorio, di importanza strategica a livello nazionale, non riesce a varcare i confini dell’Irpinia, né a conquistare e ad appassionare i suoi abitanti. Lo sa bene il Comitato Tutela fiume Calore che nei giorni scorsi – sull’onda dell’interesse suscitato dall’azione parlamentare dei rappresentanti irpini Carlo Sibilia ma anche Giuseppe De Mita, Valentina Paris e Rocco Palese – ha lanciato on line una petizione per fermare la Galleria Pavoncelli bis e sollevare nuovamente la questione delle acque irpine.

“Il problema – afferma il Comitato nella petizione – non è la sottrazione delle acque irpine ma l’insostenibilità delle captazioni. Le curve di deflusso delle sorgenti indicano chiaramente che le riserve di alimentazione stanno diminuendo. Bisogna rivisitare le concessioni di derivazione delle acque e adeguare le aliquote di distribuzione per garantire la vita negli ecosistemi dei fiumi e scongiurare le cicliche crisi idriche”.

La galleria Pavoncelli bis

Pavoncelli BisLe acque di Caposele e di Cassano Irpino arrivano in Puglia attraverso l’Acquedotto Pugliese che tra Caposele e Conza della Campania, agli inizi del ‘900, costruì la Galleria Pavoncelli captando prima le acque di Caposele e poi, dagli anni ’60, anche le sorgenti del Calore. La galleria di valico “Pavoncelli Bis” è un by-pass progettato per venire incontro alle difficoltà degli interventi di manutenzione e ai danni alla vecchia galleria seguiti al sisma del 1980. Ed è su questa galleria che si sollevano i punti critici nella petizione prendendo spunto anche dalle molteplici osservazioni alla realizzazione dell’opera presentate nel corso degli anni in primis da Sabino Aquino, idrogeologo dell’Alto Calore, ex Presidente del Parco regionale dei Picentini, punto di riferimento per chi si è opposto negli anni alla costruzione dell’opera.

Dopo che nel 1992 il primo cantiere della galleria fu sospeso per il rinvenimento di una falda acquifera di 700 l/s le vicende giudiziarie tra imprese aggiudicatarie e Aqp contribuirono a rimandare i lavori fino ad arrivare al 2007, quando l’ordinanza del Commissario Straordinario validò il nuovo progetto esecutivo. Ordinanza che fu annullata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, a seguito dei ricorsi presentati dal Parco dei Monti Picentini e dall’Alto Calore Irpino. La battaglia continuò, anche in sede europea, fino alla sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione che confermò le ragioni degli enti irpini. Nel 2009 il Consiglio dei Ministri dichiarò lo stato di emergenza per la vulnerabilità sismica della galleria Pavoncelli aggirando le sentenze citate. Nella nuova Conferenza dei Servizi convocata tutti gli enti competenti, tra i quali Parco Regionale dei Monti Picentini, Provincia di Avellino, A.T.O 1 Calore Irpino, hanno espresso parere sfavorevole per la realizzazione dell’opera, dinieghi superati dal parere favorevole di compatibilità ambientale, emesso da una Commissione del Ministero dell’Ambiente la quale si limita ad affermare che “al termine della fase realizzativa dell’intervento, prima dell’entrata in esercizio, […] saranno effettuati gli studi afferenti il rilascio minimo vitale e la redazione del bilancio idrico”.

Piana del Dragone

Sarà quindi prima realizzata l’opera, finanziata per 150 milioni di euro, e poi verificata, a lavori compiuti, la compatibilità ambientale effettuando il bilancio idrico a posteriori. Gli enti hanno quindi nuovamente presentato ricorso presso il Tribunale Superiore delle Acque sostenendo che il Commissario Straordinario non può derogare dalla normativa ambientale che interessa un’area protetta all’interno del Parco regionale dei Monti Picentini. Attualmente si è di nuovo in attesa del parere del Tribunale mentre i lavori nel cantiere sono nella fase iniziale.

I dubbi sollevati sono molteplici a partire dalla maggiorazione della portata della nuova galleria che metterebbe ulteriormente a rischio l’ecosistema fluviale irpino. L’intervento avviene in un’area fortemente sismica e il Comitato ricorda che potrebbe anche alterare, in modo serio, l’attuale equilibrio idrogeologico dell’acquifero come è già avvenuto negli anni ’90. Perché, si chiede il Comitato, non intervenire riparando la galleria esistente? È una posizione già espressa da Sabino Aquino il quale, al termine delle osservazioni che ha rilasciato per Il Cambiamento ricorda che Diga di Conza“come già evidenziato nel corso della conferenza dei servizi del 15 Luglio 2010, si ritiene che invece di procedere alla costruzione di una nuova galleria si potrebbe sicuramente riparare quella esistente”. “Nel periodo occorrente per la riparazione della predetta galleria, – continua Aquino – l’approvvigionamento idropotabile di parte del territorio pugliese potrebbe essere garantito con il ricorso a fondi idriche alternative in primis l’invaso di Conza della Campania (capacità idrica invasata 58.000.000 di mc.) attraverso la costruzione di una condotta ed un potabilizzatore che, tra l’altro, è già stato previsto per la derivazione dal citato bacino idrico artificiale di una portata idrica pari a 1000 l/sec. da destinare sempre per l’approvvigionamento idropotabile di parte della Regione Puglia”. Rischi e minacce: dalle esplorazioni petrolifere alla mancata bonifica montana.

Ma la questione dell’acqua in Irpinia si arricchisce continuamente di nuove problematiche. A partire dal Progetto Nusco, la concessione per le esplorazioni petrolifere concessa dallo Stato italiano in un’area che si sovrappone parzialmente agli acquiferi dei Picentini e interessa i territori limitrofi. I comitati No Petrolio in Alta irpinia eNo Trivellazioni petrolifere in Irpinia, che hanno avuto il merito di sollevare la questione e di portarla all’attenzione delle istituzioni, stanno ancora aspettando il parere sulla Valutazione di impatto ambientale dalla Regione Campania sull’inizio delle trivellazioni nel pozzo Gesualdo 1, a pochi chilometri dalle Mefiti della Valle d’Ansanto e dal complesso termale di Villamaina, in un’area notoriamente ad altissimo rischio sismico.

Come ha dichiarato Massimo Civita, idrogeologo di fama internazionale, i rischi del Progetto Nusco sono sia di tipo primario, ma anche di tipo secondario visto che un incidente nell’attraversamento dei Picentini per raggiungere i punti di trattamento sul Tirreno potrebbe mettere a rischio gli acquiferi. Le semplici implicazioni di eventi simili – non improbabili come dimostrano le casistiche delle rotture di pipeline e i ribaltamenti di camion in Basilicata – dovrebbero bastare a sconsigliare il coinvolgimento anche solo delle aree limitrofe.

Ma la questione è ancora aperta e c’è chi parla di affidare le decisioni ad un referendum sull’oro nero come occasione economica dimenticando le valenze ambientali, enogastronomiche di un territorio rurale e ricco di biodiversità e quello che, dati alla mano, è stato dimostrato in Basilicata da Rita D’Ottavio del WWF Basilicata sull’impatto economico del petrolio. C’è poi la spinosa questione del mancato ristoro ambientale e il ritardo nell’istituzione del Distretto idrografico dell’Appennino meridionale che pesa sulla compensazione ambientale tra Puglia e Irpinia grazie all’assenza di un comune orientamento tra i comuni di montagna nei quali sono presenti le aree di ricarica delle sorgenti e alla storica assenza della Regione Campania. Regione che, affetta da atavico napolicentrismo, si ritrova tra Napoli e Caserta debitrici di acqua da Lazio e Molise e la creditrice Irpinia per la quale non sono previste nemmeno le azioni di bonifica montana necessarie a preservare il territorio. Al danno, poi, si unisce la beffa. Attualmente oltre la metà della portata idrica dell’acquedotto Alto Calore, che rifornisce l’Irpinia e parte del Sannio, proviene dal sollevamento di falde idriche con considerevoli oneri energetici che si ripercuotono sulla tariffa idrica degli Irpini. Quindi le acque delle sorgenti, di qualità migliore, visto che il potere filtrante delle rocce le rende più pure, vanno fuori provincia mentre buona parte dei residenti beve acqua di pozzo ad un costo maggiore di chi si approvvigiona dalle sorgenti in territorio irpino.

Inoltre gli innumerevoli pozzi privati, la modifica nelle precipitazioni meteoriche, il continuo prelievo da parte degli acquedotti che hanno preferito aumentare la portata dell’acqua costruendo sempre nuovi pozzi e aumentando la profondità degli scavi invece che intervenire nel rifacimento delle reti idriche, stanno causando, progressivamente, il depauperamento delle risorse idriche e le sorgenti sono a rischio. Senza dimenticare il mancato rispetto del deflusso minimo vitale dei fiumi irpini nei quali la salmonella si presenta ciclicamente e le morie di pesci sono una triste realtà.

Infine l’inquinamento ambientale, che meriterebbe un approfondimento a parte, con la complessa situazione dei depuratori, l’inquinamento dei fiumi e la presenza sempre più consistente di sversamenti abusivi in montagna, spesso ignorata. È necessario avviare un dibattito condiviso, al di là delle appartenenze, a livello locale, ma ottenere anche l’attenzione a livello nazionale ed europeo sulle problematiche accennate, senza alcuna pretesa di esaustività. Questo per individuare fondi europei e nazionali per la messa in sicurezza del territorio, avviare la bonifica montana delle aree di ricarica delle sorgenti – la cui salvaguardia è prioritaria secondo lo stesso Codice ambientale – e definire interventi prioritari come il ripristino del delicato equilibrio nel bacino endoreico della Piana del Dragone.

 

Inoltre bisogna rafforzare le iniziative già intraprese dagli enti competenti per il rifacimento delle reti idriche e avviare, finalmente, il Distretto Idrografico dell’Appennino meridionale che porrebbe le basi per la responsabilizzazione delle regioni coinvolte nelle azioni da intraprendere determinando il tipo di ristoro ambientale necessario. Compensazione che non si può risolvere in un semplice indennizzo economico a singoli comuni, ma in azioni di ripristino, bonifica e salvaguardia dell’intero territorio montano coinvolto. Diversamente il diritto di accesso all’acqua di milioni di meridionali, quasi il 10% della popolazione italiana, sarà seriamente compromesso.

di Virginiano Spiniello
Il Cambiamento.it

 

Per firmare la petizione clicca qui

 

 

OSSERVAZIONI DI SABINO AQUINO

 

Osservazioni e rilievi avverso la costruzione della Galleria “Pavoncelli Bis”

 

 

Sabino Aquino

 

Per la razionale gestione delle fonti idriche, necessariamente devono considerarsi i concetti di pianificazione e pr

ogrammazione alla scala di bacino, come peraltro viene sancito dal nuovo Codice dell’Ambiente

 (D.L.vo 152/2006).

È necessario, pertanto, definire il bilancio idrico complessivo tra il fabbi
sogno, i prelievi possibili e la risorsa idrica disponibile.

In particolare, per le opere di captazione previste in progetto, vanno definiti i bilanci idrici aggiornati delle idrostrutture che alimentano il gruppi sorgivi di Cassano Irpino (Monte Terminio-Tuoro) ed i gruppi sorgivi del Sele (Monte Cervialto).

Inoltre, al paragrafo 4.5 della relazione di valutazione ambientale di supporto alla progettazione della Galleria “Pavoncelli Bis” il “Deflusso Minimo Vitale” del predetto studio, non si fa riferimento ad alcuna definizione del D.M.V “poiché viene sostenuto che non saranno effettuati ulteriori emungimenti”. A tal proposito, essendo le sorgenti captate ubicate in area protetta, occorre osservare quanto previsto dall’ art. 164 “Disciplina delle acque nelle aree protette” del D.Lgs. 152/2006, secondo il quale “Nell’ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l’ente gestore dell’area protetta, sentita l’Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell’art. 1 della Legge 05/01/1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciate su parere dell’ente gestore dell’area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno delle aree medesime e richiedono all’autorità competente la modifica della quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.” Pertanto, risulta indispensabile la determinazione dei predetti bilanci idrici relativi alle idrostrutture del Terminio-Tuoro e del Cervialto, nonché i Deflussi Minimi Vitali relativi ai fiumi Calore e Sele.

A tal proposito si rappresenta che lo Studio di Impatto Ambientale e lo Studio di Incidenza Ambientale proposti, devono tener conto delle risultanze delle due ricerche scientifiche di carattere idrogeologico condotte dall’Ente Parco Regionale dei Monti Picentini sui bacini imbriferi dei fiumi Calore e Sele (quest’ultimo studio condotto per conto del Parco dall’Autorità di Bacino Interregionale del fiume Sele), utilizzando risorse finanziarie del POR (2000/2006), che vengono allegate alla presente nota.

Occorre inoltre precisare che gli attuali emungimenti sono superiori a quelli effettivamente assentiti da legittima derivazione. Infatti, per quanto attiene al gruppo sorgivo del Sele, allo stato viene derivata dall’Acquedotto Pugliese per usi idropotabili, una portata media annua pari a 4000 l/sec, contro una concessione di derivazione assentita che prevede da tale gruppo un prelievo di soli 363 l/sec (vedi allegata certificazione: Ministero dei Lavori Pubblici prot. n. 639/1486 del 03/06/1994; Regione Campania prot. 0741452 del 12/09/2005). Da qui l’assoluta e inderogabile necessità di redigere nel dettaglio i bilanci idrici delle idrostrutture che alimentano i gruppi sorgivi di Cassano Irpino (Sorgenti Pollentina, Bagno della Regina, Peschiera e Preti) e Caposele (Sorgente Sanità) ed i Deflussi Minimi Vitali dei fiumi Calore e Sele in modo da definire prelievi possibili e la risorsa idrica disponibile .

 

Oltre tutto la verifica della compatibilità ambientale anche per le derivazioni idriche già in essere è stata recentemente disciplinata dalla Regione Campania con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 10 del 29 Gennaio 2010 (Emanazione del Regolamento – Disposizioni in materia di Valutazione D’Impatto Ambientale – Allegato A comma b – Allegato B punto 7 (vedi allegato). Va inoltre rappresentato che lo studio di Impatto Ambientale e lo Studio di Incidenza Ambientale, a supporto della progettazione di che trattasi, devono essere compatibili con tutto quanto previsto nel Piano di Gestione Acque redatto dal Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale (Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno, Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Campania, Regione Lazio, Regione Molise, Regione Puglia) ai sensi della Direttiva Comunitaria 2000/60/CE, D.L.vo 152/2006, Legge 13/2009, D.L. 194/2009, adottato dal Comitato Istituzionale dell’ Autorità di Bacino Nazionale dei Fiumi Liri – Garigliano e Volturno integrato con le Regioni Basilicata e Calabria e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italia n. 55 dell’8 Marzo 2010, il cui aggiornamento, in avanzata fase di elaborazione, già tiene conto della necessità di poter disporre di una aliquota idrica aggiuntiva pari a 400 l/sec per la salvaguardia dell’ecosistema presente nel reticolo idrografico dei fiumi Sele e Calore. Tanto chiarito, si rende indispensabile verificare la compatibilità di tale prelievo nel contesto ambientale attuale.

Inoltre, come già evidenziato nel corso della conferenza dei servizi del 15 Luglio 2010, si ritiene che invece di procedere alla costruzione di una nuova galleria si potrebbe sicuramente riparare quella esistente.

Nel periodo occorrente per la riparazione della predetta galleria, l’approvvigionamento idropotabile di parte del territorio pugliese, potrebbe essere garantito con il ricorso a fondi idriche alternative in primis l’invaso di Conza della Campania (Capacità idrica invasata 58.000.000 di mc.) attraverso la costruzione di una condotta ed un potabilizzatore che, tra l’altro, è già stato previsto per la derivazione dal citato bacino idrico artificiale di una portata idrica pari a 1000 l/sec. da destinare sempre per l’approvvigionamento idropotabile di parte della Regione Puglia.

Avellino, Luglio 2013

Geol. Sabino Aquino

 

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