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Deficit, l’Italia bara sui conti

conti_pubbliciIL 30 SETTEMBRE L’ISTAT COMUNICA ALLA COMMISSIONE EUROPEA CHE NEL 2013 IL DISAVANZO NON È IL 3,1% DEL PIL MA IL 3. PERÒ LA MANOVRA PER EVITARE LA PROCEDURA D’INFRAZIONE È DEL 9 OTTOBRE.

C’è qualcosa che non va nei conti pubblici che l’Italia ha presentato a Bruxelles, numeri delicatissimi che servono alla Commissione europea per capire se un Paese è sulla strada giusta o rischia di tornare sotto procedura d’infrazione. Numeri che sono la base per le previsioni che saranno diffuse oggi dal commissario Olli Rehn. L’Istat, l’istituto nazionale di statistica, lo scorso 21 ottobre ha comunicato alla Commissione europea che nel 2013 l’Italia avrà un Pil di 1557,307 miliardi, con un saldo primario (entrate meno uscite prima del conto degli interessi) pari a 36,763 miliardi e un indebitamento netto (il deficit) di 47,186 miliardi. Risultato: il rapporto tra deficit e Pil è 3,0, proprio quanto serve per evitare che l’Italia torni, dopo soli sei mesi, sotto procedura d’infrazione europea, con blocco di finanziamenti, bocciatura da parte dei mercati e marchio d’infamia annessi. Tutto bene, se non fosse che quei numeri sono un esercizio di ottimismo, più che una fotografia.

NELLE PRIME RIGHE della “Notifica dell’indebitamento e del debito delle amministrazioni pubbliche secondo il trattato di Maastricht” si legge che in base al Protocollo sulla procedura per deficit eccessivi “i Paesi europei devono comunicare due volte l’anno (entro il 31 marzo e il 30 settembre)” i livelli di debito, deficit e Pil dei quattro anni precedenti “nonché le previsioni degli stessi per l’anno in corso”. Poche righe dopo l’Istat scrive che il riferimento per i dati del Tesoro è la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il Def. Tutto chiaro. E allora andiamo a vedere il Def, tavola IV di pagina 29: il saldo primario stimato per il 2013 è 35,226 miliardi, l’indebitamento netto 48,723 miliardi e il Pil 1577,3 miliardi. Il deficit è dunque 3,1 per cento, sopra la soglia di Maastricht. Nel “quadro di finanza pubblica programmatico” il deficit è indicato al 3. Tradotto: siamo fuori dal vincolo ma vogliamo tornare in regola. L’Istat prende i dati dal Def ma quando li comunica all’Europa il deficit scende da 3,1 a 3, perché il saldo primario migliora di 1,537 miliardi, giusto quando basta per stare sotto il limite di deficit. Attenzione alle date: il 20 settembre il governo presenta la Nota di aggiornamento al Def, emerge che il deficit 2013 è al 3,1 e quindi Enrico Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni annunciano una manovra correttiva per riportarlo al 3 che arriva in Consiglio dei ministri il 9 ottobre e viene pubblicata in gazzetta ufficiale il 15, il decreto si chiama “Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione”. La nota dell’Istat è datata 21 ottobre, ma le norme europee citate dalla nota stessa dicono che i numeri da dare alla Commissione sono quelli del Def, cioè quelli del 20 settembre, trasmessi alla Commissione il 30 settembre. Visto il precedente della crisi greca, partita dai trucchi contabili sul deficit, c’è una certa attenzione a come gli istituti di statistica comunicano a livello europeo. Da mesi il Movimento cinque stelle, con la deputata Roberta Lombardi, ha iniziato a tenere d’occhio l’Istat contestando il fatto che, dopo il passaggio dell’ex presidente Enrico Giovannini al ministero del Welfare, l’istituto è rimasto nel limbo: senza un nuovo presidente, non commissariato e con un presidente facente funzioni, “il rischio è che l’Istat diventi un organo del potere esecutivo, temevamo potesse succedere qualcosa di strano ed è successo”, dice al Fatto Roberta Lombardi. Il Fatto ha chiesto spiegazioni all’Istat. Risposta ufficiale: “Abbiamo usato i dati forniti dal ministero”. Chiediamo allora al Tesoro cos’è successo. Ecco la loro versione: “Se la nota dell’Istat è del 21 ottobre, cioè 12 giorni dopo la manovra correttiva, perché avrebbero dovuto scrivere 3,1 per cento invece di 3? Semmai ci può essere un problema di chiarezza, Istat avrebbe dovuto spiegare nella sua comunicazione l’evoluzione del quadro tra la nota di aggiornamento al Def e la correzione apportata successivamente”.

LE REGOLE EUROPEE non chiedono di comunicare buone intenzioni, ma numeri ufficiali. Nel Def il Tesoro parla di deficit “programmatico”, cioè che si vuole raggiungere, l’Istat invece indica il 3 per cento semplicemente come “dati di previsione ministero dell’Economia e Finanza”. Comunque a Bruxelles va bene così: “Sulla notifica trasmessa dall’Italia non sono state espresse riserve”. Eppure di dubbi legittimi ce ne sarebbero tanti. L’ultimo arriva dalla cronaca di ieri: sempre secondo l’Istat, il Pil dell’Italia scenderà dell’1,8 per cento nel 2013 e rimbalzerà di uno striminzito 0,7 nel 2014. Il Tesoro ha invece impostato la politica economica su -1,7 nel 2013 e +1 nel 2014. “Abbiamo opinioni leggermente diverse”, ha commentato ieri Saccomanni. Rimanere sotto il deficit al 3 per cento – senza abbellire i numeri – per il governo Letta sembra sempre più difficile.

di Stefano Feltri
Il Fatto Quotidiano 05.11.2013

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