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Come ti querelo la libertà di stampa

classifica_stampaGuarda la classifica della libertà di stampa nel mondo di Reporter Senza Frontiere

“Nella classifica di “Reporter senza frontiere” del 2013 sulla libertà di stampa, l’Italia risulta in 57esima posizione su 179 Paesi, prima di Ungheria e seguita da Honk Kong. Secondo l’organizzazione non governativa che ha come obiettivo la difesa della libertà di stampa, in Italia, “dove la diffamazione deve essere ancora depenalizzata“, si fa un “pericoloso uso delle leggi bavaglio“. Nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo(art.10) la libertà di espressione è considerata un diritto centrale nel sistema di salvaguardia di ogni individuo. La Corte Europea ha sempre sottolineato il ruolo esercitato dagli organi di stampa, da cui consegue la loro funzione di riferire ai cittadini su fatti di interesse pubblico e ha considerato le sanzioni a carico dei giornalisti come “un’ingerenza nell’esercizio di tale diritto”. Ovviamente esistono anche altri valori da proteggere, come la dignità e la reputazione che il nostro codice tutela. Nella ricostruzione della Corte questi hanno un rango inferiore rispetto alla libertà di espressione ed informazione, in quanto eccezioni a un diritto fondamentale, funzionale anche alle realizzazione di quello al voto. In un paese civile, la libertà d’informazione e la buona informazione sono indici di democrazia. Una delle modalità intimidatorie per mettere a tacere le voci scomode e le inchieste giornalistiche non allineate ai poteri politici, economici o religiosi di turno, è la querela, usata come strumento di pressione per scoraggiare il lavoro giornalistico disincentivando lo spirito critico che dovrebbe invece ispirare l’attività del cronista.
Questo è quello che è successo a Milena Gabanelli con la querela avviata da ENI nei confronti della RAI a causa di un’inchiesta andata in onda il 16 dicembre 2012. Il prezzo per fare domande e giornalismo in Italia? 25 milioni di euro. Una petizione del sito change.org, ha raccolto fino ad oggi quasi 80mila firme per richiedere al Parlamento “una revisione della materia che preveda una sostanziosa penalità nei confronti di chi utilizza strumentalmente questo tipo di richieste, condannando il querelante, in caso di sconfitta in sede giudiziaria, al pagamento del medesimo importo: se cioè chiedi 25 milioni di euro alla Gabanelli di risarcimento e poi perdi la causa, la risarcisci della stessa cifra”. Il MoVimento 5 Stelle da anni sostiene questa modifica, tanto da avere nel suo programma ladepenalizzazione del reato di diffamazione, così come già legiferato in altri Paesi come Armenia, Bosnia Erzegovina, Cipro, Estonia, Georgia, Irlanda, Moldova, Montenegro, Regno Unito, Romania, Svezia, Ucraina.
Chiediamo che le Commissioni permanenti siano al più presto operative per presentare e discutere le proposte di legge relative al nostro programma e seguire le richieste che vengono dalla rete.” Mirella Liuzzi, cittadina portavoce M5S alla Camera

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