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“Stipendi al Sud peggio che in Grecia”

istatIL CENSIS: I LIVELLI DI REDDITO PRO CAPITE DEL MEZZOGIORNO SONO INFERIORI A QUELLI DI ATENE: 17.957 EURO CONTRO 18.454.

 Ilivelli di reddito del Mezzogiorno sono inferiori a quelli della Grecia: 17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia”. Dello studio presentato ieri dal Censis sul Mezzogiorno italiano, il dato più desolante è forse questo. Perché offre all’Italia meridionale la prospettiva di una caduta precipitosa verso condizioni di miseria e abbandono.
NON È UNA REALTÀ inedita, quella fotografata dall’istituto diretto da Giuseppe De Rita, la “questione meridionale” esiste da almeno 152 anni, dall’unità d’Italia. Eppure i numeri continuano a sconfortare. Tra il 2007 e il 2012 la caduta del Pil italiano è stata del 5,7 con una perdita secca di ricchezza pari a 113 miliardi di euro. Ma la flessione nel Sud è stata quasi il doppio, il 10%, con 72 miliardi persi nel Meridione. Il rosario dei dati snocciolati dal Censis è impietoso: “Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero a fronte di una media nazionale del 15,7%”. E ancora: “Nel Sud sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media nazionale del 24,6%”. Clientelismi, “intermediazioni improprie nella gestione dei finanziamenti pubblici”, leggi mazzette e corruzione, non fanno che aggravare la situazione. “Dei 505 mila posti di lavoro persi in Italia dall’inizio della crisi, il 60% ha riguardato il Mezzogiorno”. Qui c’è la più alta disoccupazione giovanile e quella delle donne, qui si è prodotto un fenomeno di “deindustrializzazione” con un progressivo smantellamento di imprese piccole, medie e grandi. Vengono alla mente i grandi insediamenti della Fiat a Termini Imerese e Avellino chiusi, abbandonati e in attesa di improbabili acquirenti. Viene in mente l’Ilva. “Tra il 2007 e il 2011 gli occupati nell’industria meridionale si sono ridotti del 15,5% e “oltre 7.600 imprese manifatturiere del Mezzogiorno sono uscite dal mercato”.
Poi arriva quel paragone con la Grecia, e con l’Europa, che non colpisce per una sorta di pregiudizio negativo nei confronti dei greci, ma che indica una prospettiva devastante. L’Italia, infatti, fra i grandi sistemi dell’euro, “è il Paese con le più rilevanti diseguaglianze territoriali”. Ha il maggior numero di regioni con meno di 20 mila euro di reddito pro-capite: sono 7 mentre la Spagna ne ha 6, la Francia 4 e la Germania una sola. Quest’ultima, invece, “ha 10 regioni con oltre 30 mila euro pro-capite, situazione riscontrabile in Italia solo nel Centro-nord con un reddito pro-capite pari a 31.124 euro per abitante. I livelli di reddito del Sud sono circa la metà e i 17.957 euro d reddito pro-capite è inferiore ai 18.454 della Grecia. Dove la crisi ha prodotto una disoccupazione del 27% contro il 20,7 del 2011. Anche in Grecia a essere colpiti sono giovani e donne e il salario minimo è stato ridotto del 30% per legge e la Troika vuole ridurlo ancora.
A finire sotto accusa, in maniera inesorabile, da questi dati, è la mano pubblica. Che non ha speso a sufficienza i fondi europei, 9,2 miliardi su 43,6 (il 21,2%), che spende per l’istruzione più della media italiana, 6,7 contro il 3,1% del centro-nord, ma producendo un tasso di abbandono scolastico del 21,2% (16% al Centro-Nord) e con una Sanità di fronte alla quale il 17,1% dei residenti meridionali si è spostato in un’altra regione per farsi curare.
Sal. Can.
Il Fatto Quotidiano 20.03.2013

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