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La posizione del missionario

missionariSic­co­me, come di­ce­va Karl Marx, le tra­ge­die della sto­ria ten­do­no a ri­pe­ter­si, ma in forma di farsa, la mi­glior de­scri­zio­ne del mi­se­ran­do squa­gliar­si della co­sid­det­ta “ op­po­si­zio­ne in­ter­na ” al Pd è “ La ri­vol­ta dei santi ma­le­det­ti ” di Cur­zio Ma­la­par­te sulla rotta di Ca­po­ret­to : “Fug­gi­va­no gli im­bo­sca­ti, i co­man­di, le ­clien­te­le, fug­gi­va­no gli ado­ra­to­ri del­l’e­roi­smo al­trui, i fab­bri­can­ti di belle pa­ro­le, i de­co­ra­ti della zona tem­pe­ra­ta, i can­ti­nie­ri, i gior­na­li­sti, fug­gi­va­no i na­po­leo­ni degli Stati Mag­gio­ri, gli or­ga­niz­za­to­ri delle di­fe­se ar­re­tra­te, i mo­no­po­liz­za­to­ri del­l’e­roi­smo degli an­go­li morti e delle re­tro­vie, de­ci­si a tutto fuor­ché al sa­cri­fi­cio, fug­gi­va­no gli am­mi­ra­to­ri del fante, i di­spen­sa­to­ri di oleo­gra­fie e di car­to­li­ne il­lu­stra­te, gli snob della guer­ra, gli ‘ im­bot­ti­to­ri di cra­ni’, gli av­vo­ca­ti e i let­te­ra­ti dei co­man­di, i preti del Quar­tier Ge­ne­ra­le e gli uf­fi­cia­li d’or­di­nan­za, fug­gi­va­no i ‘ ro­di­to­ri’del­la­guer­ra, ifor­ni­to­ri­di­car­ne an­da­ta a male e di pa­glia pu­tre­fat­ta, i buoni bor­ghe­si qua­ran­tot­te­schi che non vo­le­va­no dare asilo al fante per­ché por­ta­va in casa pi­doc­chi e cenci da la­va­re e par­la­va­no del Re come del ‘ primo sol­da­to d’I­ta­lia’, fug­gi­va­no tutti in una mi­se­ra­bi­le con­fu­sio­ne, in un in­tri­co di paura, di carri, di me­schi­ne­rie, di fa­got­ti, di egoi­smi, e di sup­pel­let­ti­li, fug­gi­va­no tutti im­pre­can­do ai vi­gliac­chi e ai tra­di­to­ri che non vo­le­va­no più com­bat­te­re farsi am­maz­za­re per loro”. Mu­ta­tis mu­tan­dis, so­sti­tuen­do le trin­cee con gli scran­ni vel­lu­ta­ti e so­li­ta­men­te de­ser­ti di Mon­te­ci­to­rio, i fanti con­ta­di­ni con i pin­gui de­pu­ta­ti da 18 mila euro al mese, il pe­ri­co­lo di morte col ri­schio di pol­tro­na, non c’è mi­glio­re ri­trat­to della di­sfat­ta che va in scena ogni gior­no a Mon­te­ci­to­rio, fra pro­cla­mi to­ni­truan­ti e bel­li­co­si in tv e fughe di massa al mo­men­to delle vo­ta­zio­ni in aula.
I cit­ta­di­ni, ma so­prat­tut­to i mi­li­tan­ti in­ge­nui che con­fi­da­va­no in un sus­sul­to di di­gni­tà e coe­ren­za dai vari Ber­sa­ni, Cu­per­lo, Letta, Bindi, Da­mia­no, per­si­no Spe­ran­za e Fas­si­na, bersani_cuperlohanno visto in tv le de­so­lan­ti scrit­te sul ta­bel­lo­ne lu­mi­no­so del­l’au­la : “Ber­sa­ni non ha ri­spo­sto”, “Cu­per­lo non ha ri­spo­sto”, “Letta non ha ri­spo­sto”…  C’è fi­nan­co chi, come Epi­fa­ni e Spe­ran­za, prima ha par­la­to in aula con­tro l’I­ta­li­cum e la fi­du­cia, poi si è sma­te­ria­liz­za­to ed è eva­po­ra­to per non vo­ta­re con­tro. I due ri­sul­ta­va­no “in mis­sio­ne”. Una mis­sio­ne tanto im­prov­vi­sa quan­to im­pre­ci­sa­ta : dove sa­reb­be que­sta mis­sio­ne? E chi ce li ha man­da­ti? E per­ché? E dove, poi, di gra­zia? Alla toi­let­te? Alla bu­vet­te? In sala fu­ma­to­ri? O a na­scon­der­si in un posto sper­du­to? Do­po i ­giu­sta­men­te ­vi­tu­pe­ra­ti ­Re­spon­sa­bi­li di Ber­lu­sco­ni, ab­bia­mo i Mis­sio­na­ri di Renzi. La loro po­si­zio­ne, nel ­ka­ma­su­tra ­po­li­ti­che­se, è nota : di­co­no sem­pre No, ma vo­ta­no sem­pre Sì. O i più co­rag­gio­si, in un so­pras­sal­to di te­me­ra­rie­tà, dopo aver in­go­ia­to tre o quat­tro bi­stec­che di tigre, esco­no dal­l’au­la e si danno. E poi pi­go­la­no scuse pue­ri­li, bal­bet­ta­no su­per­caz­zo­le : la ditta, la go­ver­na­bi­li­tà, l’ul­ti­ma me­dia­zio­ne, il senso di re­spon­sa­bi­li­tà.
damiano pdL’al­tra sera a Li­nea­not­te il fan­ta­sma di Da­mia­no spie­ga­va che lui, sì, sa­reb­be con­tro l’I­ta­li­cum, ma ha vo­ta­to pro per­ché “ben altre sono le bat­ta­glie da fare : per esem­pio sul Jobs Act”. Giu­sto : i pro­ble­mi sono sem­pre ben altri. A pro­po­si­to : lui aveva vo­ta­to Sì anche al Jobs Act. Renzi li co­no­sce ormai a me­na­di­to uno per uno : gli fa “buh” e poi aspet­ta. Nel giro di un paio di gior­ni ar­ri­va­no tutti, alla spic­cio­la­ta, cam­mi­nan­do sulle gi­noc­chia. Ri­sul­ta­to fi­na­le dei 120-130 im­pa­vi­di ber­sa­nian-cu­per­lian-let­tia­ni sul­l’I­ta­li­cum : zero No, 38 fug­gia­schi, una no­van­ti­na di con­ver­ti­ti last mi­nu­te al ren­zi­smo. Ten­go­no fa­mi­glia, cor­ro­no su­bi­to tutti tre­man­ti da mammà, e ora spe­ra­no di far la guer­ra per pro­cu­ra : vedi mai che Mat­ta­rel­la non firmi o che la Con­sul­ta bocci. “Pre­ten­do­no di fare le bar­ri­ca­te con i mo­bi­li degli altri”, come di­ce­va Lon­ga­ne­si. Un sui­ci­dio di massa da setta ame­ri­ca­na, in cam­bio di un po­sti­ci­no di ca­po­li­sta bloc­ca­to e dun­que si­cu­ro alle pros­si­me ele­zio­ni. Così, al­me­no, s’il­lu­do­no che vada a fi­ni­re. Non hanno an­co­ra ca­pi­to che Renzi non solo li de­te­sta, ma li di­sprez­za pure. Al mo­men­to buono li farà fuori tutti, non po­ten­do­si certo fi­da­re di chi non tiene fede nep­pu­re alla pa­ro­la data a se stes­so. E sarà me­glio per tutti : al posto di que­ste anime morte, po­treb­be per­si­no venir fuori una clas­se po­li­ti­ca che non ha nulla da per­de­re, ri­cat­ti da su­bi­re, pe­dag­gi da pa­ga­re.
Noi cit­ta­di­ni, che ce ne in­fi­schia­mo della coe­sio­ne della Ditta e del­l’u­ni­tà del Par­ti­to, ma vor­rem­mo solo tor­na­re a eleg­ge­re i par­la­men­ta­ri con un si­ste­ma nor­ma­le e de­cen­te, non ci me­ri­tia­mo né Renzi né i suoi co­sid­det­ti av­ver­sa­ri : gli im­bo­sca­ti, i co­man­di, le clien­te­le, gli ado­ra­to­ri del­l’e­roi­smo al­trui, i fab­bri­can­ti di belle pa­ro­le, i de­co­ra­ti della zona tem­pe­ra­ta, i can­ti­nie­ri, i na­po­leo­ni degli Stati Mag­gio­ri, gli or­ga­niz­za­to­ri delle di­fe­se ar­re­tra­te, i mo­no­po­liz­za­to­ri del­l’e­roi­smo degli an­go­li morti e delle re­tro­vie, i di­spen­sa­to­ri di oleo­gra­fie e di car­to­li­ne il­lu­stra­te, gli snob, gli im­bot­ti-to­ri di crani, gli av­vo­ca­ti e i let­te­ra­ti dei co­man­di, i preti del Quar­tier Ge­ne­ra­le e gli uf­fi­cia­li d’or­di­nan­za, i ‘ ro­di­to­ri ’ e i for­ni­to­ri di carne an­da­ta a male e di pa­glia pu­tre­fat­ta che ora fug­go­no in que­sto mi­se­ra­bi­le in­tri­co di paura, di carri, di me­schi­ne-rie, di fa­got­ti, di egoi­smi, e di sup­pel­let­ti­li, im­pre­can­do ai vi­gliac­chi e ai tra­di­to­ri che non vo­glio­no più com­bat­te­re farsi am­maz­za­re per loro. Sono loro che si me­ri­ta­no a vi­cen­da.

Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 01.05.2015

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