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Nuove navi da guerra per 5,4 miliardi

naviLE CAMERE STANNO PER APPROVARE L’INVESTIMENTO DECISO DAL GOVERNO. I SOLDI? QUELLI PER LO SVILUPPO.

La notizia in sé è la seguente: il governo sta chiedendo il permesso al Parlamento, che è intenzionato a concederglielo a breve, di comprare 14 nuove navi militari per una spesa di 5,4 miliardi di euro in 19 anni. Dove li prendono i soldi? Semplice: dal ministero per lo Sviluppo economico sotto la voce “competitività e sviluppo delle imprese”, “Incentivazione dei settori industriali”, “Investimenti” e altre missioni di spesa. Lo stanziamento, peraltro, si aggiunge ai quasi 6 miliardi destinati al progetto italo-francese delle fregate Fremm. Non ci sono, insomma, solo i 15 miliardi degli F-35, quelli del programma Eurofighter e via dicendo in un elenco che, al netto di questa nuova spesa, contava già programmi pluriennali per l’acquisto di sistemi d’arma per oltre 43 miliardi.
UNA BELLA CIFRETTA, non c’è che dire. Assolutamente giustificata secondo il decreto interministeriale sulle nuove navi da guerra che il governo ha inviato alle commissioni competenti (e come ripete da un paio d’anni il capo di Stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi): bisogna svecchiare la nostra flotta militare. “Nel prossimo decennio – dice la scheda tecnica del dlgs – si procederà alla dismissione di 51 unità navali, escluso il naviglio minore”. In sostanza quasi tutto quello che mandiamo per mare attualmente ed è ormai
lamentano gli interessati – obsoleto e persino pericoloso. Per sostituirlo ci si mosse ai tempi di Letta, che infatti previde uno stanziamento nella sua Finanziaria: quella previsione oggi trova applicazione pratica nel decreto del governo Renzi. Il risultato è che alla fine il settore della difesa non conosce austerità: tra fondi propri del ministero e quelli infilati nel bilancio dello Sviluppo economico la spesa militare complessiva nel 2015 sarà all’ingrosso uguale a quella di quest’anno – 23 miliardi e mezzo – mentre tutti gli altri comparti hanno subito tagli pesanti: all’acquisto di armi tramite i fondi per investimenti del ministero dello Sviluppo l’anno prossimo andranno più o meno 5,5 miliardi, circa 300 milioni in meno rispetto al 2014 (per dire quanta continuità ci sia tra i governi degli ultimi anni Roberta Pinottisulle scelte di fondo).
E qui torniamo alle nuove navi che la Marina chiede e il ministro Roberta Pinotti intende comprare. I soldi – spiega il decreto – vengono dal ministero dello Sviluppo non solo perché le navi sono attrezzate anche per compiti non militari (anti-inquinamento
, soccorso, etc), ma soprattutto perché questo è un importante investimento per la crescita del Pil: “Verranno realizzati investimenti nel settore della cantieristica navale nazionale (Fincantieri e Finmeccanica, ndr), comparto industriale che rappresenta un importante volano antirecessivo” anche perché nell’indotto lavorano molte piccole e medie imprese. Senza contare l’investimento in tecnologia. Tutto vero, ma queste stesse motivazioni non servirono a evitare la chiusura di Irisbus, che produceva autobus ecologici.
UNA DOMANDA corretta l’ha posta durante il dibattito in commissione il deputato Massimo Artini, quello appena espulso dal Movimento 5 Stelle per una faccenda di scontrini: “Sono curioso di sapere se lo sviluppo di un programma navale come quello proposto trovi conferma negli scenari previsti dal Libro Bianco della Difesa. Non vorrei che, com’è accaduto con altri imponenti programmi pluriennali, gli strumenti di cui il nostro Paese si è dotato richiedessero successivamente la necessità
di essere integrati con altri strumenti”.   La notazione è maliziosa per un motivo molto semplice: il Libro Bianco – chiesto dal Consiglio Supremo di Difesa e annunciato da Pinotti “entro l’anno” – ancora non esiste. Dovrebbe servire a chiarire lo stato dell’arte, indicare le prospettive   delle nostre Forze Armate e gli strumenti per realizzarle : la redazione fu la risposta di governo, generali e industrie della difesa all’inaudito oltraggio del Parlamento, che osò ribellarsi alle direttive votando una moratoria sull’acquisto degli F-35 (una legge del 2012, infatti, consente finalmente alle Camere di mettere becco anche sui singoli investimenti in sistemi d’arma).
Queste navi, sostengono ora i 5 Stelle, hanno “esplicite capacità offensive, persino superiori a quelle delle fregate Fremm, che hanno in dotazione lanciamissili, lanciasiluri, lanciarazzi, cannoni ed elicotteri d’attacco. Francamente riteniamo che un rinnovamento della flotta italiana sia anche necessario, ma è evidente che tali unità navali, pensate e progettate principalmente per scenari di guerra anche in mari lontani, non rispondano in alcun modo alle reali esigenze del Paese”. Magari sì, visto che proteggeranno – per dire – anche i giacimenti dell’Eni in Mozambico o le petroliere di ritorno in Italia. Il dibattito pubblico sul tema, se mai si terrà, avverrà comunque dopo aver stanziato i fondi.

di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 04.12.2014

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