Informazione News

Una manovra per imprese e ricchi: agli altri solo fumo

BLUFF La mazzata vera già a bilancio dal 2017 al 2019.   Gli sgravi fiscali vanno tutti a loro, briciole agli statali, tagli a servizi e pensionati.

Giorgio Squinzi, bontà sua, teme per la manovra scritta dal governo : “ N e l l e prossime due settimane si scatenerà l’assalto alla diligenza. Mi auguro che il governo riesca a tenere”. Le preghiere del presidente degli industriali si devono a un fatto molto semplice: sa che la diligenza non è proprio di quelle ricche, in compenso il poco che porta è in gran parte suo, degli interessi che rappresenta, del ceto sociale a cui appartiene.
Una legge di Stabilità   piccola piccola
Partiamo dal quadro generale, per dire che poca cosa sia questa legge di Stabilità. Il valore in termini di indebitamento netto nel 2016 è pari a 28,7 miliardi di euro, con coperture a deficit di 14,5 miliardi. Sembrerebbe una grande operazione fiscale, ma non è così: è più un grande spettacolo di illusionismo. Il meccanismo è il seguente: una gran parte di quella grossa cifra serve a spostare di un anno l’aumento automatico di Iva e accise per 16,8 miliardi, dunque la manovra netta vale meno di 12 miliardi.

Al netto di queste “clausole di salvaguardia”, scrivono i Servizi Bilancio di Camera e Senato in una prima relazione, le minori entrate (cioè i tagli di tasse veri) ammontano a 7 miliardi: basta sottrarre ai 23,8 miliardi di sgravi di cui si vanta il governo i 16,8 miliardi di Iva e accise virtuali. Fanno 7 miliardi a cui vanno poi sottratte “le maggiori entrate” (nuove tasse): nel 2016 sono 5,7 miliardi. Insomma, la differenza è 1,3 miliardi di entrate in meno l’anno prossimo.
Al massimo, insomma, il governo potrebbe vendersi un’opera di riallocazione del carico fiscale e lo spostamento di un anno del pareggio
di bilancio (dal 2017, infatti, Renzi mette già a bilancio manovre di riduzione del deficit da un punto di Pil l’anno grazie ad aumenti di tasse che valgono 15,1 miliardi nel solo 2017).
 La diligenza di Squinzi:   miliardi di sgravi fiscali
Se si lascia il generale per il particolare, questa manovra sembra l’ennesimo capitolo della grande operazione deflattiva del governo Renzi, che è davvero – nonostante certe uscite del premier – uno dei più ligi d’Europa nel seguire la strategia indicata da Bruxelles e dalla Bce: politiche dell’offerta (cioè favorevoli
alle imprese), guerra al lavoro – o, meglio, al livello dei salari in ogni loro componente (diretta, indiretta, differita) – riduzione del perimetro dello Stato per lasciar spazio ai privati.   In questo contesto, la “diligenza” di Squinzi è facile da descrivere. A Confindustria vanno le grandi operazioni fiscali: gli ammortamenti al 140% delle spese in investimenti valgono, da tabelle, due miliardi e mezzo in tre anni (e di più nei successivi tre); la proroga degli sgravi sulle assunzioni, anche se ridotti al 40% rispetto al regalo del 2015, quasi 5miliardi nel triennio. Poi ci sono i soldi per il salario di produttività e la contrattazione di secondo livello (altri due miliardi e mezzo nel triennio). Poi c’è l’abolizione dell’Imu sui macchinari “imbullonati” che vale 530 milioni l’anno, Imu e Irap agricole (600 milioni l’anno) e il taglio dell’Ires (imposta sui redditi d’impresa) già messo a bilancio per il 2017 e 2018 per complessivi 7 miliardi e dispari. Questo senza contare che anche l’ abolizione dell’Imu/Tasi sulla prima casa (costo: 3,5 miliardi l’anno) finisce per favorire soprattutto i redditi più alti.
E per il lavoro? Se  la passa parecchio male 
I dipendenti statali hanno i contratti bloccati dal 2009: fa un danno da circa 10mila euro totali su uno stipendio da 23 mila euro l’anno (e senza contare gli effetti previdenziali): ora la Consulta ha costretto il governo a rinnovarli e la risposta è uno stanziamento da 300 milioni. Ci informano i Servizi Bilancio, però, che la cifra è lorda: al netto delle tasse fanno 154,5 milioni, cioè un aumento medio di 4 euro al mese. Alle
briciole sui r i n n o v i v a aggiunto almeno il blocco del turnover al 25%: niente assunzioni per sostituire i pension a t i n o n o- stante un calo che nella P.A. ha superato le 300 mila unità di personale in poche anni.
Sulle pensioni (cioè salario differito), invece, la manovra addirittura toglie: la proroga del blocco delle indicizzazioni vale meno pensioni per 514 milioni nel 2017 e 1,14 miliardi nel 2018. Poi c’è il capitolo esodati: la cosiddetta “settima salvaguardia” del governo ne dovrebbe tutelare poco più di 26 mila e dunque – stando ai numeri dell’Inps – lasciarne a bagnomaria
ancora 23 mila e dispari. Sugli esodati c’è anche la beffa: un po’ di soldi del Fondo per la tutela degli esodati (209 milioni in tutto) vengono usati per finanziare Opzione donna, cioè la possibilità per alcune migliaia di lavoratrici che ne hanno i requisiti di andare in pensione con le vecchie regole. Anche il salario indiretto – prestazioni sanitarie, welfare, servizi, etc – è sotto attacco: al Servizio sanitario nazionale vengono tagliati 2,3 miliardi di euro; il pareggio di bilancio, dicono i tecnici parlamentari, vale per le Regioni “risparmi” per 1,8 miliardi nel solo 2016 (e il governo ha già aggiunto nelle sue tabelle tagli per altri 15 miliardi nei tre anni successivi) che si tradurranno in aumento dei ticket e del costo dei servizi (mense scolastiche, trasporto), addizionali Irpef dove si potrà. Tutte cose che pesano di più sui redditi bassi:
Anche il taglio della spesa per investimenti – oltre 3,5 miliardi nel prossimo triennio – è un attacco al lavoro: tra tutte le spese pubbliche è infatti quella che ha effetti più benefici sulla crescita e sull’occupazione.

Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 28.10.2015

Lascia un commento