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Terremoto Irpinia, lo spreco è senza fine Dopo 34 anni, ancora milioni per ricostruire

Terremoto Irpinia 1980Il sisma che ha colpito Campania e Basilicata nel 1980 è costato oltre 47 miliardi di euro per la ricostruzione. Ma, nonostante la cifra, molte opere sono ancora incompiute. E il rischio, secondo una nuova denuncia, è che lo sperpero continui ancora a lungo.

Se c’è un simbolo degli sprechi d’Italia, è forse il denaro speso per il terremoto dell’Irpinia. Uno scandalo che sembra destinato a non avere fine e che ora viene denunciato dallo stesso commissario governativo per la ricostruzione, quello che il governo Renzi aveva messo alla porta e che poi subito ha dovuto richiamare.

Troppi ancora i progetti da ultimare ma, secondo l’ingegnere Filippo D’Ambrosio, responsabilità precise possono essere individuate tutte all’interno degli apparati ministeriali e di uno Stato che finanzia e poi si disinteressa di quanto sta accadendo da 34 anni in Campania e Basilicata. Un dossier pesante, quello consegnato dal commissario alla Presidenza della Camera dei deputati. E tutto ciò nonostante, in base a uno screening compiuto dallo stesso Ufficio studi di Montecitorio nel 2009, già all’epoca risultavano spese per il post sisma fatte dall’Italia non inferiori ai 47,5 miliardi di euro.

Era il 23 novembre 1980 quando una scossa del decimo grado della Scala Mercalli causò la morte di 2.914 persone in 103 Comuni campani e lucani, distruggendo o danneggiando 362mila abitazioni. La macchina degli aiuti si mise in moto, ma da allora di denaro ne è stato bruciato tanto e la ricostruzione non è stata ultimata. L’ultima denuncia, in ordine di tempo, arriva appunto dal commissario D’Ambrosio, incaricato nel 2003 dall’allora ministro delle attività produttive Antonio Marzano, attuale presidente del Cnel, di completare infrastrutture iniziate e poi lasciate in stato di abbandono e di definire 64 progetti rimasti in larga parte sulla carta. Erano già passati 23 anni dal sisma e all’ingegnere, un funzionario dello stesso Ministero, vennero affidati un totale di 71 progetti, per un investimento di 4 miliardi e mezzo di lire.

Ma la parola fine a quelle opere ancora non è stata messa. Nella relazione presentata alla Camera, aggiornata al 30 settembre scorso, il commissario sostiene che sono in corso, in Basilicata, i lavori per il secondo lotto della Nerico-Muro Lucano, un progetto da 22,7 milioni di euro, e quelli per il terzo lotto, per un valore di 24 milioni, che dovrebbero essere ultimati nel 2016. In Campania invece sono in corso quelli per il primo lotto della Lioni-Grottaminarda, opere da 70 milioni, per le quali l’ultimazione era prevista nel gennaio 2017 e che appare destinata a slittare.

In corso poi, sempre in Basilicata, progetti per un’altra parte della Nerico-Muro Lucano, del valore di 8 milioni, per i quali è in corso la progettazione preliminare, per il recupero del viadotto Ficocchia e per quello del viadotto Farenga, oltre che per la frana in località Raccelle. In Campania, infine, in corso la progettazione esecutiva della Lioni-Grottaminarda, per 430 milioni di euro, dove solo il lotto comprensivo della galleria San Filippo, per il commissario, richiederà 5 anni di tempo dalla data di consegna dei lavori. E solo restando ai progetti principali. “Ancora spuntano dagli archivi ministeriali – precisa D’Ambrosio – situazioni sconosciute, contenziosi dimenticati”.

Le responsabilità, secondo il commissario, sono piuttosto chiare: “Tale situazione di incertezza non è certamente imputabile ai singoli soggetti, bensì alla nota scarsa efficienza delle strutture amministrative, all’elefantiasi delle procedure, all’inutilità di alcuni passaggi burocratici comunque obbligatori”.

D’Ambrosio denuncia l'”assenza di ogni giudizio da parte dell’Amministrazione, peraltro ripetutamente sollecitato, sull’operato dell’ufficio commissariale”. Per non parlare di “comportamenti ostruzionistici” da parte del Provveditorato alle opere pubbliche di Campania e Molise, alla “farraginosità delle procedure nelle strutture ministeriali” e ai “lunghi tempi di risposta da parte dell’Avvocatura generale dello Stato” sulle richieste di pareri legali e assistenza.

Durante il governo Monti sono poi stati ridotti i fondi a disposizione dell’ufficio commissariale a 100 mila euro l’anno, ritenuti insufficienti, e tutto nonostante lo stesso ufficio, fino al 2011, abbia fatto risparmiare allo stato oltre un milione, facendo economia. “Evidentemente – sostiene D’Ambrosio – non hanno letto le oltre 60 relazioni redatte dal sottoscritto”. Il tentativo di tornare alla gestione ordinaria, concretizzatosi a marzo con la soppressione dell’ufficio da parte del governo Renzi, salvo ripristinarlo a luglio, avrebbe infine creato altri ritardi, tanto da far rischiare ora il “danno erariale”. D’Ambrosio ha chiesto 44 milioni per andare avanti ed è sicuro che, nel 2016, con la fine del commissariamento la situazione peggiorerà e le opere non saranno complete. Si continuerà così a spendere. Forse inutilmente.

di Clemente Pistilli
espresso.repubblica.it/

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