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Petrolio, sono le condotte a minacciare le acque irpine.

mappa_petrolio1Le falde sono messe a rischio perlopiù dalle infrastrutture di trasporto. Le richieste dei permessi per la ricerca di idrocarburi generano diverse perplessità.

L’annosa questione trivellazioni relativa al rilascio dei permessi per la ricerca di idrocarburi in Irpinia e nel Sannio, è diventata di grande attualità, suscitando grandi preoccupazioni nelle popolazioni e spesso notevoli perplessità da parte di esperti ed enti locali diversi convegni organizzati in varie sedi della Campania e della Basilicata.
Il proliferare di fonti inquinanti e la continua richiesta di esecuzione di alcune attività rendono oggi il comprensorio irpino oggetto di una massiccia manipolazione, da parte dell’uomo, degli equilibri idrogelogici naturali. Gli squilibri indotti possono generare una seria compromissione della qualità delle acque sotterranee, timore che ha scatenato la sensibilizzazione al problema dei vari enti preposti alla gestione del territorio. L’approccio alla protezione delle acque sotterranee e superficiali deve necessariamente prendere le mosse da una conoscenza scientifica del territorio e delle sue complesse interrelazioni con le attività umane, affinché le scelte di politica economica, urbanistica e sociale siano basate sul fondamentale rispetto delle peculiarità degli ecosistemi, prevenendo, in tal modo, i possibili effetti negativi di tali scelte. In questo contesto, in particolar modo per il territorio irpino, è necessaria la ricezione di strumenti che siano in grado di indirizzare le scelte operative più equilibrate per la salvaguardia e la protezione delle ingenti risorse idriche in esso presenti.
Infatti, sulla base dell’attuale aspetto infrastrutturale, le acque dell’Irpinia ricadono al centro di un complesso sistema di interscambi idrici interregionali che assicurano l’approvvigionamento idropotabile di oltre tre milioni di abitanti dislocati in tre regioni del Sud (Campani, Puglia e Basilicata). Un piano Piana-del-Dragone1-300x150straordinario di salvaguardia degli acquiferi si impone dunque come atto irrinunciabile prescindendo dagli interventi post-emergenziali. Seguendo, allora, ciò che ha sempre detto Massimo Civita che, per 20 anni, ha condott6o la ricerca italiana sulla vulnerabilità degli acquiferi, è necessario precisare, nel caso in esame, alcune caratteristiche ambientali di grande importanza. Per meglio delineare l’impatto che le attività di estrazione petrolifera possono avere sull’ambiente e sulle risorse idriche irpine, in particolare, basta evidenziare che il terreno e le acque sotterranee formano un sistema di estrema complessità, soprattutto a causa dell’eterogeneità della struttura del sottosuolo. Ciò è sempre connesso sia alla naturale presenza e sovrapposizione di complesse e diverse formazioni geologiche, sia alle modificazioni, in superficie, derivanti da insediamenti umani agricoli, civili o industriali.
Questa complessità si riflette nel comportamento e nell’evoluzione progressiva di una contaminazione del suolo, che determinano, a loro volta l’impatto reale che tale contaminazione avrà sull’ambiente, in termini di estensione spaziale e di persistenza temporale. Tra le molteplici vie che possono essere seguite da un Condotte petrolifereelemento contaminante rilasciato nel suolo, la più rilevante è senza dubbio quella che lo porta alla falda soggiacente. Il rischio d’inquinamento per gli acquiferi irpini, non è rappresentato solo dalle trivellazioni per ricerca e captazione dell’idrocarburo, ma soprattutto dalle infrastrutture che dovranno realizzarsi successivamente alla estrazione petrolifera al fine del trasporto della sostanza alle raffinerie. I sistemi di condotte che sono utilizzati per trasportare i prodotti petroliferi e i gas naturali sono i più soggetti a perdite, nonostante tutti gli accorgimenti che vengono impiegati nella loro progettazione e realizzazione. Queste infrastrutture di collegamento hanno sviluppi di centinai di chilometri, impegnano situazioni topografiche, idrografiche e idrogeologiche anche molto diverse, costituendo ovunque un elemento di notevole pericolosità potenziale.
La loro posa in opera nel sottosuolo comporta sempre una scarificazione (deformazione) notevole del terreno e la realizzazione di trincee profonde nell’insaturo e, abbastanza spesso, nella zona satura dell’acquifero. Le perdite causate da deterioramento (corrosione), dalla rottura o da cedimento di tali tubazioni provocano la fuoriuscita dei liquidi, spesso altamente inquinanti,, e conseguente inquinamento delle acque sotterranee soggiacenti. Altre cause di perdite nelle tubazioni sono le saldature difettose, sovrappressioni incidentali dal traffico pesante, frane e sprofondamenti, senza poi trascurare le vibrazioni indotte nel suolo dai terremoti in aree, come quella Irpina, classificata ad elevata sismicità.
La zona di ricerca degli idrocarburi denominata <<Nusco 1>>, peraltro, interessa anche aree costituenti le idrostrutture carbonati che del Terminio-Tuoro e del Cervialto, le quali presentano un elevato grado di vulnerabilità dovuto alla fessurazione, tettonizzazione della roccia e soprattutto alla evoluta e molto ricerche-petrolifere gesualdoarticolata fenomenologia carsica presente nell’ambito di tali massicci montuosi. E’ stato scientificamente accertato, con specifici studi di carattere idrogeologico, che in alcuni casi i circuiti carsici sotterranei che si ramificano per diversi chilometri nell’ambito della struttura lapidea, sono tra loro in collegamento idraulico. Ciò comporta che le acque superficiali sono tributarie di quegli acquiferi profondi che alimentano gruppi di sorgenti di notevole potenzialità ed eccellenti caratteristiche geochimiche e batteriologiche. La crescente necessità di dotarsi di strumenti di lavoro capaci di fornire indicazioni significative in merito alla prevenzione dell’inquinamento delle risorse idriche sotterranee, ha indotto il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche-Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofe Idrogeologiche-Linea di Ricerca  4 <<Valutazione della vulnerabilità degli acquiferi>>) ad elaborare ricerche scientifiche inerenti alla vulnerabilità all’inquinamento dei più importanti massicci montuosi dislocati in provincia di Avellino e sedi di cospicui e pregiati acquiferi destinati al consumo umano. Sulla base di tali studi, attraverso apposita documentazione tecnico-amministrativa trasmessa agli enti istituzionalmente preposti alla salvaguardia della risorse idriche, si è proposta l’interdizione di una serie di attività antropiche finalizzata alla protezione degli acquiferi destinati al consumo umano. Da tale documentazione è tra l’altro rilevabile che gli oleodotti ed i gasdotti vengono considerati come <<prodotti reali e potenziali di inquinamento dei corpi idrici sotterranei>>. Peraltro, le criticità evidenziate dai ricercatori risultarono già determinanti per il diniego dell’autorizzazione richiesta nel 2005 dalla Società <<Energy Plus>> per la costruzione del metanodotto che doveva attraversare per circa 20 chilometri il Parco Regionale dei Monti Picentini. Tale opera avrebbe alimentare una centrale termoelettrica da 780 megawatt la cui realizzazione era stata prevista in agro di Pontecagnano. Ma non è stato così.

Sabino Aquino
Il Mattino di Avellino 03.11.2014

One Reply to “Petrolio, sono le condotte a minacciare le acque irpine.

  1. E’ del tutto lecito, ed io sono su questa linea, essere contro un sistema di sviluppo che prevede l’incremento delle quantità di combustibili fossili anzichè l’uso di energie rinnovabili (che comunque impattano anche se con differenti modalità). Questa è però una questione di ordine politico e di sistema e non relativa al singolo progetto. Il singolo progetto è costituito da elementi e scelte tecniche. Le società capaci di accettare sfide tecniche e capaci di vincerle, almeno nella maggioranza dei casi, sono società che al loro interno allevano persone consapevoli e competenti. Nelle paludi dell’immobilismo non si cresce. Allo stato attuale consumiamo gas e petrolio per svariatissime attività; bisogna essere consapevoli di ciò e dover capire che non è detto da nessuna parte che i combustibili li dobbiamo estrarre in Nigeria per usarli qui.
    Le problematiche ambientali vanno affrontate con serietà e con gli strumenti idonei applicando seriamente le attività di monitoraggio.
    Il dott. Aquino parla di una problematica ad ampia scala che al momento non è contemplata nel progetto di perforazione di Gesualdo. Il dott. Aquino parla delle risorse idriche dei monti Picentini mentre la perforazione avverrebbe a Gesualdo, in un diverso contesto geologico, distinto ed isolato da quello dei Picentini. Questa conoscenza deriva anche da pregresse attività di perforazione. Perforare significa acquisire nuovi dati geologici, nuova conoscenza, che nessun ente di ricerca al momento può permettersi.
    Quindi io direi tranquillamente :”Vediamo cosa troviamo, cosa c’è a 2000 m di profondità e poi si decide il passo successivo”.
    GRAZIE

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