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Papà Renzi ora son guai “fondi ottenuti in modo irregolare”

Renzi5LA REGIONE TOSCANA CONFERMA: “LA CHIL POST HA OMESSO COMUNICAZIONI PERDENDO DIRITTO AL FINANZIAMENTO”. ROSSI: “PRONTI A DENUNCIARE, A PRESCINDERE DAL NOME”.

La società della famiglia Renzi non avrebbe dovuto usufruire del fondo di garanzia del ministero dell’Economia. Non solo: se avesse rispettato le clausole sottoscritte con Fidi Toscana avrebbe perso il beneficio e sarebbe stata costretta a pagare il doppio dell’agevolazione richiesta. Sarà ora Fidi Toscana, finanziaria controllata dalla Regione, a doversi rivalere del danno subito. Chil Post però è nel frattempo fallita e la banca a cui è stato pagato il mutuo insoluto, il credito cooperativo di Pontassieve, è guidata da un fedelissimo del premier: Matteo Spanò. Così, la vicenda che coinvolge genitori e sorelle del premier, diventa anche politica: Enrico Rossi, governatore della Toscana riconfermato appena due giorni fa, candidato del Pd alle prossime Regionali, interverrà contro la famiglia del premier (e segretario del partito) e contro la banca di un suo storico braccio destro sin dai tempi della provincia di Firenze?
Trucchi per 263mila euro, rischia di sganciare il doppio
 “Se ci sono gli estremi denunceremo certamente, a prescindere dal nome e cognome”, ha garantito ieri Rossi contattato dal Fatto. “Del resto lo abbiamo già fatto e mi sembra che sinora come ente abbiamo fornito una ricostruzione chiara, completa e trasparente dell’accaduto contribuendo a far emergere i fatti”, ha aggiunto. E in effetti la conferma della mancanza dei requisiti da parte della Chil Post a godere del fondo di garanzia è arrivata ieri in aula dall’assessore al lavoro, Gianfranco Simoncini, matteo-renzi-madrerispondendo a un’interrogazione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli. La società di casa Renzi “non ha comunicato le variazioni relative all’assetto societario”, ha scandito Simoncini, come invece era obbligata a fare. E ha spiegato: “Nel caso in cui dalle verifiche effettuate (…) risultino non rispettate le finalità previste dal regolamento, l’agevolazione è revocata e
l’impresa è tenuta a corrispondere un importo pari a due volte l’agevolazione ricevuta”.
E di variazioni da comunicare la Chil Post ne aveva parecchie. La richiesta è stata formulata come società femminile: in quel momento, infatti, titolari risultavano essere Laura Bovoli insieme con Matilde e Benedetta Renzi, rispettivamente madre e sorelle del premier
. Ma una settimana dopo aver ricevuto la delibera del mutuo la proprietà torna totalmente a Tiziano Renzi. Le tre donne, nel frattempo, risultano titolari di un’altra società: la Chil Distribuzioni che poi cambierà nome in Eventi   6. Siamo nel luglio 2009. Dopo poco più di un anno la Chil Post cede un intero ramo di servizi del Tiziano Renzi2valore di circa 2 milioni di euro alla Eventi 6 per poco più di 3.000 euro. Infine Tiziano Renzi trasferisce la sede della Chil Post da Firenze a Genova, la cede a Gianfranco Massone gravata da quasi 2 milioni di debiti. Massone dichiarerà poi il fallimento. Il padre del premier è indagato dalla procura ligure per bancarotta fraudolenta e secondo i magistrati la cessione di servizi da Chil Post a Eventi 6 sarebbe stata fatta esclusivamente per mettere in salvo dai creditori la parte sana dell’azienda. Tra i debiti lasciati a fallire figura anche il mutuo concesso dal Credito Cooperativo di Pontassieve di 496.717,65 euro. Una cifra sostanziosa, concessa con un mutuo chirografario: senza accensione di ipoteche, quindi, ma solo basato sulle garanzie. Ma coperto invece da Fidi Toscana che il 31 luglio 2014 versa infatti alla banca 263.114,70 euro e viene contro garantito nell’ottobre successivo dal ministero del Tesoro per 236.803,23. Fidi Toscana dunque onora l’impegno preso con Chil Post ma, come confermato dall’assessore Simoncini, la società aveva perso i requisiti. I vertici di Fidi, il presidente Silvano Bettini e il vice direttore Gabriella Gori, non hanno voluto commentare l’accaduto.
Il favore per l’azienda   ”al femminile”
Netto invece il giudizio di Donzelli: “Il padre di Renzi ha ottenuto fondi pubblici attraverso delle irregolarità”. Secondo l’esponente Fdi “il regolamento per avere la garanzia di Fidi Toscana al finanziamento, prevede, tra l’altro, che un’azienda abbia sede in Toscana e che comunichi se vi sono cambi di assetto societario”. Inoltre, aggiunge, “la Chil ottenne una garanzia
dell’80%, invece del 60% ordinario, perché beneficiò di alcune misure dato che si trattava di un’azienda al femminile”, in mano alle donne di casa Renzi. E conclude: “C’è chi per molto meno è stato condannato per truffa”. Ora “aspettiamo le decisioni di Fidi e vedremo come si comporta Rossi, ma vigileremo affinché non spunti nessuna manina a nascondere l’accaduto”.

Davide Vecchi
Il Fatto Quotidiano 15.01.2015

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