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L’alluvione che ti aspetti

BENE_alluvioneUn’alluvione al giorno. Dopo Olbia, Benevento. Prima ancora Genova e tante altre. E ogni volta le stesse scene di città e campagne allagate con macchine nell’acqua alta che assomigliano a ippopotami meccanici. Di cittadini con gli stivaloni che svuotano i negozi. E poi i morti di cui si è perso il conto. Se i caduti sul lavoro sono causati da mancanza di investimenti in sicurezza e di controlli, i caduti per alluvione lo sono per mancanza di gestione del territorio e totale miopia nell’affrontare il problema trasformato sempre in emergenza, come se la pioggia fosse una maledizione divina e vivessimo nel deserto del Sahara e non in Italia. Il massimo sforzo del governo sono comparsate per promettere soldi a destra e a manca, miliardi di euro pronta cassa (a parole), per poi scomparire e lasciare nel fango gli alluvionati. Chi sente il Bomba in questi casi dice “Però, che tempestività, che velocità, che umanità, che fantastico selfie con il sindaco di turno“… sedotto e abbandonato. La cittadinanza dovrebbe trattenerlo in loco, il Bomba, fino a quando la somma promessa non sia arrivata, come in un normale riscatto. Solo dal 2000 al 2015 vi sono state 44 alluvioni. Troppe per essere considerate fatalità o eventi imprevedibili. La loro distribuzione è omogenea sul territorio italiano al Sud come al Nord. Mai come in questo caso prevenire sarebbe meglio che intervenire in seguito anche per una semplice ragione di costi. Prevenire costa in danni un terzo di quello che si spende dopo frane e alluvioni: 22 miliardi spesi contro gli 8,4 investiti in politiche di prevenzione
L’Italia va liberata dalle cementificazioni e gli interventi sugli alvei dei fiumi per metterli in sicurezza devono diventare una priorità. Oggi si fa il contrario, si ostruiscono i corsi d’acqua addirittura costruendoci sopra. Chi rilascia questi permessi edilizi va perseguito come un potenziale criminale.
In 20 anni il 15% di suolo naturale, 2,15 milioni di ettari, è stato trasformato in superficie edificata.
480 metri quadrati al minuto di territorio sono coperti ininterrottamente da asfalto e cemento. E’ un incubo, uno Stivale di cemento armato. Forse dovremo tornare alle palafitte per salvarci, come i nostri antenati. Nel Neolitico erano più avanti del’Italia moderna.

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